Una donna ha una visione insolita: vede draghi invece di caratteristiche facciali umane a causa di una condizione rara
In una scoperta rivoluzionaria, i ricercatori hanno fatto progressi significativi nella comprensione della Prosopometamorphopsia (PMO), uno dei disturbi visivi più rari, con circa 80-100 casi documentati in tutto il mondo in oltre un secolo.
Il caso di una donna di 52 anni, che si è rivolta per la prima volta a un centro psichiatrico dell'Aia, ha fornito preziose informazioni su questo misterioso disturbo. Le sue allucinazioni, che interferivano con la sua vita quotidiana, coinvolgevano volti umani che si trasformavano in forme di rettili, con musi sporgenti e occhi che brillavano di colori innaturali. Questa descrizione unica distingue il suo caso dagli altri PMO documentati.
I medici hanno eseguito inizialmente i test standard, tra cui esami del sangue, esame neurologico e EEG, ma i risultati erano normali. Tuttavia, la risonanza magnetica ha rivelato lesioni vicino al nucleo lentiforme, una regione del cervello coinvolta nella cognizione, nella memoria e nell'attenzione. Queste lesioni hanno interrotto il normale segnale tra il cortex occipitotemporale ventrale del cervello e altri circuiti visivi, causando il cervello della donna a "impazzire" solo nell'interpretazione dei volti umani.
Il suo stato, diagnosticato come prosopometamorphopsia del volto completo, è un esempio della complessità del cervello umano. I pazienti PMO, a differenza di quelli con disturbi psichiatrici come la schizophrenia, sanno che la loro percezione è alterata e la descrivono come un "difetto visivo", non come una convinzione sulla realtà.
Il dottor Oliver Sacks, il medico che ha trattato e documentato il caso della donna, ha prescritto acido valproico, un farmaco usato per l'epilessia, le emicranie e il disturbo bipolare, e successivamente la rivastigmina, un farmaco normalmente usato nel morbo di Alzheimer o nella malattia di Parkinson. L'ajustamento della terapia ha ridotto le allucinazioni visive, diminuito i rumori notturni e le ha permesso di tornare a una vita normale in tre anni.
I ricercatori sperano di utilizzare tecnologie di imaging cerebrale più avanzate e simulazioni al computer per ricreare ciò che i pazienti PMO vedono in futuro. Tali strumenti potrebbero migliorare la diagnosi e fare luce su domande più ampie, come come riconosciamo noi stessi e come il cervello inventa le allucinazioni.
Questo caso ci ricorda le sfumature del cervello umano e l'enorme quantità di cose che ancora dobbiamo imparare sul suo funzionamento. Man mano che la ricerca prosegue, potremmo scoprire di più su questo disturbo raro e potenzialmente svelare segreti sulla nostra percezione e cognizione.
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