Esplorare se la diffusa rappresentazione di immagini di guerra incoraggia l'empatia o la desensibilizzazione.
Nel primo XX secolo, Ernst Friedrich pubblicò l'opera pacifista influente Krieg dem Kriege! (Guerra alla guerra!), una raccolta di centinaia di fotografie della Prima Guerra Mondiale accompagnate da slogan militaristi. Questo album, che rimane uno dei più potenti manifesti contro la guerra, fu scritto dall'attivista tedesco e in seguito ispirò la teorica culturale Susan Sontag nel suo saggio "Sulla sofferenza degli altri".
Sontag, un'intellettuale rinomata, si addentra negli effetti della proliferazione esponenziale di immagini violente nella società contemporanea. Interroga il significato e l'ambito del nostro sguardo sulla sofferenza degli altri, in particolare riguardo alle immagini di guerra. La professoressa è sensibile alla dimensione di voyeurismo davanti alle immagini di violenza e pone con maggiore acutezza la questione dell'immunizzazione e dell'indifferenza verso la mostra della sofferenza nella società odierna.
Saltiamo al 2015, la foto dell'agenzia di stampa Associated Press (AP) del corpo del piccolo Alan Kurdi spiaggiato su una spiaggia vicino a Bodrum, in Turchia, divenne una delle immagini più famose della storia recente. La foto, spesso attribuita all'AP ma non accreditata in alcune fonti, scatenò un'ondata di compassione e indignazione in tutto il mondo. La foto commovente, che è diventata un simbolo della crisi dei rifugiati siriani, continua a evocare una situazione dolorosa: la morte di un bambino.
Tima Kurdi, la zia di piccolo Alan e autrice del libro "Il ragazzo sulla spiaggia", è stata sommersa di richieste di interviste dopo la diffusione dell'immagine. Tuttavia, sostiene di non poterle concedere perché il dolore è ancora fresco. Descriversi la foto a parole è stato sufficiente per sostenere l'angolazione scelta, ovvero interrogarsi su ciò che rimane dell'impeto di solidarietà globale che questa immagine ha generato e l'impatto delle immagini sulla compassione del pubblico.
Sontag scrive che ci aspettiamo che il fotografo sia uno spia nella casa dell'amore e della morte e che i soggetti fotografati non siano consapevoli della presenza della macchina fotografica. La diffusione di foto e video di atrocità è aumentata infinitamente con lo sviluppo delle tecnologie di cattura e diffusione digitali. Ciò solleva preoccupazioni sul ruolo della fotografia nella formazione della percezione pubblica e dell'empatia verso la guerra e le sue vittime.
Germain-Arsène Kadi e Johanne Villeneuve, nel loro libro, affermano che la figura del bambino agisce come un nucleo nevralgico nelle guerre moderne. L'immagine di un bambino, soprattutto in uno stato vulnerabile, può evocare forti risposte emotive e servire come potente catalizzatore per il cambiamento. Tuttavia, la domanda rimane: queste immagini sono sufficienti per scatenare un cambiamento duraturo e una solidarietà globale, o servono solo come momenti di empatia passeggeri in una società altrimenti indifferente?
Ernst Friedrich, fondatore di un museo antimilitarista a Berlino, si è trovato di fronte a queste domande quando i nazisti chiusero il suo museo con la loro ascesa al potere. Fuggì in Francia e si unì alla Resistenza durante la Seconda Guerra Mondiale. Il suo lavoro, insieme al saggio di Sontag, serve come promemoria del potere delle immagini e della responsabilità che abbiamo nell'interpretarle e rispondere ad esse.
In conclusione, l'impatto della fotografia di guerra è innegabile. Può evocare forti emozioni, scatenare cambiamenti e servire come catalizzatore per la solidarietà globale. Tuttavia, solleva anche domande sul nostro ruolo nell'interpretare e rispondere a queste immagini e il potenziale per l'immunizzazione e l'indifferenza verso la mostra della sofferenza. Mentre continuiamo a lottare con queste domande, il lavoro di attivisti come Ernst Friedrich e teorici culturali come Susan Sontag rimane cruciale per plasmare la nostra comprensione del potere e della responsabilità delle immagini nella formazione delle nostre percezioni della guerra e delle sue vittime.
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